mercoledì 7 maggio 2014

UGO FOSCOLO (1778-1827), PARINI (1729-1799) ALFIERI (1740-1803)


Ugo Foscolo nasce Zante (Zacinto) da Diamantina Spathis ed Andrea, di famiglia veneziana. La sua biografia è quella di un anticonformista, del tutto antitetica a quella tradizionale del letterato italiano, servile e cortigiano. Per trovarne una analoga bisogna risalire a Dante Alighieri, perché dal Petrarca al Monti possiamo dire che quasi tutti i letterati per ragioni storiche siano stati al servizio dei potenti. Il nome di battesimo era Niccolò, mutato in Ugo in onore di Ugo di Bassville (giornalista e diplomatico francese, rivoluzionario + 1793; vedi la “Basvilliana” di Vincenzo Monti). Studiò dapprima a Zante, poi a Spalato, finché, a seguito della morte del padre, si trasferì a Venezia dove proseguì gli studi letterari presso l’università di Padova; altri eventi luttuosi segnarono profondamente la vita del Foscolo, contribuendo ad accentuare la sua indole già inquieta, travagliata, pessimista, solitaria e sprezzante: tra questi ricordiamo, in particolare, la morte del fratello Giovanni, suicida per debiti di gioco nel 1801.
 A Venezia si distingue per le sue idee democratiche e spregiudicate, così divenuto inviso al governo conservatore della Republica di Venezia, fugge sui colli Euganei. Alla notizia della discesa di Napoleone Bonaparte in Italia (1796), il poeta, entusiasta degli ideali rivoluzionari, si reca a Bologna (divenuta parte della Repubblica giacobina cispadana) dove si arruola tra i cacciatori a cavallo: è di questo periodo la composizione dell’ “Ode a Bonaparte liberatore”.
 Caduta la Repubblica oligarchica veneta, il Foscolo può finalmente rientrare in patria e collaborare alla costituzione della nuova municipalità giacobina. Tuttavia, nel 1797 viene stipulato il TRATTATO DI CAMPOFORMIO che prevedeva la cessione di Venezia all’Austria: Il Foscolo, amareggiato dalla politica napoleonica, abbandona nuovamente Venezia per riparare a Milano. A questo periodo risale la stesura del suo romanzo epistolare a carattere autobiografico “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” (1798; 1802; 1816; 1817)
 Seppur deluso, nel 1799 tornò a combattere al fianco dei Francesi, partecipando anche a numerose azioni militari tra l’Italia e la Francia: le truppe napoleoniche apparivano ancora, agli occhi del poeta, promotrici degli ideali di libertà della Rivoluzione, contrapposti all’assolutismo dell’ ancien regime. Mentre è in Francia, a seguito dell’esercito napoleonico, ha una relazione con l’inglese Fanny Hamilton, da cui nascerà Floriana, la giovane fanciulla che consolerà gli ultimi anni della sua vita.
 Nel 1806 rientra in Italia, a Milano: qui visita Giulia Beccaria, Ippolito Pindemonte, A.Manzoni; scrive il carme Dei Sepolcri, 295 endecasillabi sciolti, pubblicati nel 1807. L’occasione per la composizione del carme è l’Editto di Saint Cloud, entrato in vigore in Francia nel 1804 ed esteso all’Italia nel 1806.
 Nel 1814, dopo a caduta di Napoleone (Lipsia 1813; Waterloo 1814), Foscolo è invitato dall’Austria a collaborare con la nuova amministrazione, in particolare gli è offerta la possibilità di dirigere una rivista letteraria che si chiamerà “Biblioteca italiana”. Il foscolo, per non giurare fedeltà all’Austria, va in esilio a Zurigo, poi a Londra.
 A Londra (1816) il poeta svolge un’intensa attività di critico letterario, collaborando alla stampa inglese e protetto da alcuni aristocratici che lo apprezzarono per la sua fama di letterato e oppositore di Napoleone; successivamente, l’elevato tenore di vita che il poeta si sforzava di condurre determinò crescenti difficoltà economiche : così, perseguitato dai creditori, U. Foscolo morì nel 1827 povero e ammalato in un sobborgo di Londra.
 1871 Le spoglie del Foscolo vengono condotte in S.Croce a Firenze

OPERE
LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
LE POESIE
DEI SEPOLCRI
LE GRAZIE
NOTIZIA INTORNO A DIDIMO CHIERICO
LE TRAGEDIE ( sul modello alfieriano)


LA PERSONALITÀ DEL FOSCOLO fu sempre animata dal rapporto oppositivo, dal conflitto tra l’aspirazione ad una serenità interiore assoluta e l’abbandono agli impulsi della passione e del sentimento. Nell’abbandono agli impulsi dello spirito, nella sua perenne inquietudine interiore, possiamo cogliere la nuova sensibilità romantica ; nello sforzo di ricercare una dimensione armonica, di equilibrio e dominio dei sentimenti è evidente la componente classicistica. Soltanto nelle sue opere il poeta riuscì a sanare questa dicotomia: le poesie del Foscolo rappresentano , infatti, un insuperabile modello di perfetto equilibrio tra contenuto (romantico) e forma (neoclassica) .
Il Foscolo, nella sua concezione del mondo e della vita segue le dottrine materialistiche del 700, secondo le quali l’universo e tutta la materia sensibile sono il frutto dell’incessante processo di trasformazione della materia. La visione materialistica e meccanicistica della realtà porta il poeta a considerare l’uomo come prigioniero della materia: l’uomo, compiuto il suo ciclo vitale, ritorna con la morte al nulla eterno. La ragione, entusiasticamente esaltata dagli illuministi come fugatrice di tenebre ed indagatrice della verità, da sola non è sufficiente per condurre l’uomo alla conquista della felicità; anzi spesso è proprio la ragione a far comprendere all’uomo i limiti angusti della propria esistenza, a renderlo cosciente nel dolore della frattura insanabile tra le illusioni della giovinezza e il reale/ e l’ideale. E’ questo il momento più acuto del pessimismo foscoliano, rappresentato idealmente dal romanzo giovanile, l’Ortis e dal suicidio del suo protagonista, Jacopo: un suicidio che è allo stesso tempo protesta, ed eroica liberazione: liberazione dal dolore, protesta contro la Natura che ha destinato l’uomo all’infelicità.
U. Foscolo, tuttavia , non soccombe al pessimismo che alimenta la I fase della sua produzione artistica; sebbene i risultati della ragione e la formazione filosofica illuministica conducano l’autore ad una concezione materialistica della vita, i bisogni dello spirito inducono il poeta a trascendere la visione puramente materialistica dell’universo, in un perenne conflitto tra ragione e spirito, tipicamente romantico. La reazione del Foscolo si traduce nella creazione di IDEALI SUPREMI DI VITA, nella fede in VALORI UNIVERSALI, laici ed immanenti: LA BELLEZZA, L’AMORE, LA LIBERTA, LA PATRIA, L’EROISMO, L’ARTE, LA POESIA. Gli ideali foscoliani hanno una vera e propria concretezza nella dimensione morale del poeta, essi costituiscono la fede di cui si serve costantemente il poeta per superare con virile dignità i limiti angusti della ragione, per trascendere le contraddittorietà della realtà contingente. Nel conflitto tra reale /ideale, dinanzi all’urto con la realtà, l’uomo risulterebbe sconfitto senza il ricorso alle ILLUSIONI. LE ILLUSIONI RAPPRESENTANO PER IL FOSCOLO DEI MITI SALVIFICI, DEI VALORI ASSOLUTI CAPACI DI SFIDARE L’ETERNITÀ E LA MORTE, IL NULLA ETERNO: attraverso la POESIA, la più grande delle illusioni, perfino la morte, intesa come fine del rapporto tra le categorie logiche SPAZIO-TEMPO, risulta inerme. LA POESIA E’ ETERNATRICE dei sentimenti umani e l’uomo mortale acquista gloria e immortalità nel ricordo dei posteri (Concezione della poesia esternatrice, che conferisce gloria e immortalità: vedi cultura classica greco-romana; civiltà umanistico-rinascimentale).
Nella sua visione morale-artistica il Foscolo risente inevitabilmente della componente storica, sempre presente nelle sue opere. Non a caso FRANCESCO DE SANCTIS (Morra Irpina, 28 marzo 1817 – Napoli, 29 dicembre 1883 - scrittore, critico letterario, politico, Ministro della Pubblica Istruzione), in un suo contributo critico dedicato ad U.Foscolo, definisce questo il primo autore che abbia considerato “l’arte come lavoro psicologico”, lasciando intendere che attraverso al lettura delle sue pagine è possibile cogliere l’evoluzione psicologica, morale ed artistica del poeta, sempre alla luce dei complessi e dolorosi avvenimenti storici che segnarono l’Italia alla fine del 700. Il Foscolo vive dei medesimi ideali che avevano animato l’Alfieri, ma diversamente da quest’ultimo egli sperimenta l’urto con la triste e deludente realtà del tempo (vedi Napoleone Bonaparte). Così, dice il De Sanctis, mentre l’Alfieri appare come “il poeta dell’illusione”, il Foscolo rappresenta piuttosto “ il poeta del disinganno”. Ed è a partire dall’illusione, attraverso il disinganno, che il Foscolo giunge al pieno contatto con la realtà in tutte le sue sfaccettature; grazie a questo "esercizio della vita” , la poesia del Foscolo si arricchirà nel tempo di un nuovo impeto lirico culminante nei Sepolcri: in questo carme , conclude il De Sanctis il poeta “sviluppa tutte le sue forze, e in quel grado di verità e di misura che è proprio di un ingegno maturo” (in Francesco De Sanctis, Parabola della personalità fosco liana, da Saggi critici, Bari, Laterza, 1952, III, pp. 87–109).

La sua formazione culturale risentì dello studio dei classici latini, greci, italiani nonché della lettura degli autori moderni, sia italiani: G.Parini, V.Alfieri, Vincenzo Monti, Melchiorre Cesarotti (traduttore dell’elegia funebre di T.Gray e dei Canti di Ossian dello scrittore inglese James Macpherson), sia stranieri: Edward Young, Thomas Gray, i Canti di Ossian, Laurence Sterne, J. J. Rousseau.


LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS (1798-1802, 1816,1817)

Le ultime lettere di Jacopo Ortis, opera giovanile del Foscolo, sono un romanzo epistolare, un genere letterario assai in voga nella seconda metà del Settecento allorché, nel clima culturale preromantico, la lettera meglio si prestava ad esprimere stati d’animo ed effusioni sentimentali; la forma epistolare del romanzo assolve anche ad una funzione centrale per l’economia strutturale dell’opera, sia a livello di contenuto che di stile: essa consente all’opera di assumere un carattere autobiografico, sotto forma di appassionata confessione ad un amico fraterno e solidale; la forma epistolare è inoltre un espediente stilistico che trasmette l’illusione di una stesura dei testi che compongo la raccolta in tempo reale, nel momento in cui gli eventi narrati accadono, in modo da far coincidere il Tempo della Storia con il Tempo del Racconto. L’Ortis rappresenta il primo romanzo moderno in lingua italiana, il primo modello di romanzo psicologico nel quale avviene una perfetta fusione tra la realtà storica e la componente introspettiva (il romanzo settecentesco era basato principalmente sull’elemento avventuroso)
All’indomani del trattato di Campoformio (1797) con il quale il liberatore Napoleone ha ceduto Venezia all’Austria in cambio della Lombardia, Jacopo Ortis, che è un giovane di idee liberali, per sfuggire alle prime persecuzioni del governo austriaco, lascia Venezia e si rifugia sui colli Eugànei, qui conosce Tresa, che vive col padre (il signor T), anche lui profugo politico, e con una sorella piccola, Isabellina, e se ne innamora profondamente. Ma la fanciulla è già promessa sposa ad un altro, Odoardo, un giovane serio, di buona posizione economica e sociale, ma spiritualmente arido. Si tratta di un fidanzamento di convenienza, combinato dal padre di Teresa, ma osteggiato dalla madre, che, per non rendersi complice dell’infelicità della figlia, ha abbandonato la famiglia e vive lontano con una sua sorella. Jacopo, anche se ha la certezza di essere contraccambiato da Teresa, si accorge dell’assurdità del suo amore soprattutto per ragioni politiche, perché si tratta di tempi tristi che scoraggiano il matrimonio. Per liberarsi dal tormento, lascia i colli Eugànei e viaggia per alcune città, Bologna, Firenze, Siena, Milano, ecc. Quando apprende che Teresa si è sposata con Odoardo, corre a Venezia per salutare la madre, quindi ritorna sui colli Eugànei, dove si uccide pugnalandosi al cuore.
Del romanzo abbiamo ben quattro edizioni, anche se le principali sono le prime due : Bologna 1798, Milano 1802, Zurigo 1816, Londra 1817.

 I MODELLI LETTERARI per la composizione dell’Ortis sono da considerarsi i Dolori del giovane Werther di Goethe(1774), la Nouvelle Eloise di J.J. Rousseau, i romanzi epistolari di Richardson, in particolare la Clarissa. Non meno importante l’influenza di Dante, di Parini, di V. Alfieri.
 La struttura dell’opera è organizzata in forma epistolare: il lettore ricostruisce la storia attraverso le lettere inviate dal protagonista , Jacopo Ortis ad un suo amico, Lorenzo Alderani che risulta essere il destinatario e curatore della raccolta. Le lettere, datate, coprono un arco temporale che va dall’ 11 ottobre 1797 al 25 marzo 1799.
 Il cognome Ortis è quello di un giovane studente universitario di Padova, Gerolamo Ortis, morto suicida per motivi sconosciuti; Il nome Jacopo è quello di Rousseau; Lorenzo Alderani, al quale sono indirizzate quasi tutte le lettere di Jacopo, è il poeta Giovanni Battista Niccolini, amico del Foscolo. Teresa coincideva, originariamente, con una fanciulla amata realmente dal poeta, Laura; successivamente in essa confluirono amori appassionati e successivi del poeta: Isabella Teotochi Albrizzi, Teresa Pikler-Monti, Antonietta Fagnani-Arese, Isabella Roncioni, che l poeta indicò, successivamente, come la sola Teresa dell’Ortis.
Il protagonista dell’opera, Jacopo Ortis, è la proiezione del poeta stesso: egli rappresenta l’emblema dell’eroe romantico, giovane e positivo, idealista e generoso, pervaso da passioni irrealizzabili che lo collocano necessariamente in una condizione di emarginazione e di solitudine. E’ evidente che il protagonista , presentato come eroe idealizzato in un mondo cinico, nel quale non c’è posto per ideali di solidarietà e giustizia sociale, sia destinato a soccombere. L’antagonista, Odoardo, un personaggio freddo, calcolatore e mediocre assume le caratteristiche del perfetto antieroe, simbolo di una società borghese arida e priva di slanci ideali, interessata esclusivamente all’ascesa economica.

I TEMI PRINCIPALI dell’Ortis sono, dunque, LA PASSIONE POLITICA E LA PASSIONE AMOROSA: il protagonista si uccide non per nichilismo, ma per amore della Patria e della donna. Entrambi i motivi esprimono i segni evidenti della nascente sensibilità romantica. Jacopo è l’uomo nuovo che con il suo gesto estremo esprime con forza il proprio disagio nel mondo.
 L‘opera ha per sottotitolo i versi danteschi : “Libertà va cercando, ch’è sì cara, / come sa chi per lei vita rifiuta (Purg. I, vv.71-72). Questi versi rivelano la natura vera del suicidio di Jacopo Ortis: esso non è negazione della vita, ma è, nella concezione alfieriana, l’affermazione di una suprema libertà interiore che appare come la più alta forma denuncia contro la società del tempo. Il romanzo, così come i primi 8 Sonetti pubblicati a Pisa nel 1802, risente della forte COMPONENTE ALFIERIANA: l’accentuato autobiografismo ed il suo esprimersi mediante contrapposizioni (cuore-ragione; individualità del poeta- società), l’ansia esistenziale, il concetto dell’eroe alfieriano avvolto nella solitudine e sdegnoso della banale quotidianità, il senso dell’immortalità attraverso l’eroicità
 Particolare rilievo all’interno dell’Ortis assume LA NATURA. Nel romanzo assistiamo ad una profonda compenetrazione di spirito tra l’elemento paesaggistico e l’uomo, secondo la particolare caratteristica del classico romanzo dell’ 800; nella tendenza a rendere la Natura partecipe dei sentimenti umani, c’è l’evidente influsso della poesia ossianica e della poesia sepolcrale inglese allora di moda con T. Gray (Elegia scritta in un cimitero di campagna, 1750), ed Edward Young (Pensieri notturni sulla vita, la morte e l’immortalità, 1742-45). La natura in Foscolo si anima, prende vita e si carica dello stato d’animo del personaggio, essa traduce i sentimenti più intimi dell’autore: la Natura, seppur descritta dal Foscolo come DATO REALE, concreto e tangibile, subisce un processo di trasfigurazione ed idealizzazione, fino a tradurre lo stato sentimentale del poeta stesso. In questo modo la realtà si libera della sua connotazione materiale e fisica, trascende il mondo sensibile (la realtà fenomenica) per proiettarsi in una sfera assoluta (il Noumeno). Questa costante tensione all’infinito costituisce il fondamento della poetica del Romanticismo: il Romanticismo non rinnega la realtà sensibile, ma la trascende e la nobilita in un continuo slancio ideale. La piena serenità interiore si traduce nella piena e assoluta armonia dell’individuo con il TUTTO .
 A LIVELLO STILISTICO l’opera appare alquanto disomogenea, con 2 livelli di scrittura: un livello referenziale ( tono colloquiale, meditativo, tipico dell’epistola ) e un livello declamatorio, con toni concitati, con enfasi declamatoria. Lo stesso Foscolo, a proposito dello stile vario dell’”Ortis” dirà che la varietà stilistica presente nel romanzo è compensata dall’impianto tematico unitario (tema politico-amoroso) e dalla presenza dell’IO NARRANTE.
 DALLA CRITICA LETTERARIA, l’Ortis è stato letto a partire da FRANCESCO DE SANCTIS, il quale definisce il romanzo giovanile del F. “poesia in prosa” , privo della maturità stilistica che caratterizzerà le opere successive; Jacopo è un eroe statico, bloccato in partenza (come statico appare l’intero romanzo), sempre al quinto atto di una tragedia, poiché il suicidio rappresenta per lui un destino ineluttabile.